giovedì 6 settembre 2012

"IL SEDUTTORE" DI FILIPPO MUNARO

Il primo pensiero che si ha leggendo "Il seduttore" è quello di trovarsi dinanzi a un'opera di un certo spessore narrativo. Infatti nonostante il linguaggio sia semplice e pulito, rivela una doviziosa cura del particolare.

La trama - Il libro incomincia con garbo, se vogliamo, introducendoci nella vita di Gabriel Brown, un giovane scrittore di Bologna con un particolare ascendente sulle donne. Come recita la quinta di copertina: "Gabriel Brown ha tutte le caratteristiche del seduttore: fascino, classe, bellezza ed eleganza". Frequenta tutti i locali più chic della città e trascorre serate frivole all'insegna di musica, cocktail raffinati e braccia di amanti appassionate. Gabriel Brown si rivela da subito un seduttore implacabile, capace di far girare la testa a qualsiasi donna egli desideri.
Tuttavia proseguendo nella lettura ci si imbatte via via nelle sue perversioni, e l'autore lascia intendere che vi sia qualcosa di sbagliato, di maledettamente sbagliato, in questo personaggio. Gabriel Brown manifesta una chiara e preoccupante carenza d'empatia che gli rende impossibile provare alcun tipo di sentimento e, cosa ancora più grave, di pietà. Benché sia amato e rispettato da tutti, come ogni serial killer non può tollerare chi, in un modo o nell'altro, lo faccia sentire inferiore - ragione questa che spiega, quantomeno nella sua mente contorta, la ragione dei suoi principali omicidi.

Un romanzo introspettivo - E' questo forse il punto più angosciante e al tempo stesso esilarante del romanzo. Munaro si impegna scrivendo il romanzo in prima persona, calandosi nello scottante ruolo del maniaco psicopatico. Il risultato? Ottimo, perché a differenza di qualsiasi poliziesco in cui il lettore affronta le vicende narrate dal punto di vista della polizia, in questo caso è praticamente costretto a fare conti con i ragionamenti, i dubbi e le ansie che assillano una mente criminale - che in sostanza è una mente profondamente turbata. Anche in questo l'autore se la cava alla grande, riuscendo addirittura a strapparci qualche ironico sorriso nel momento in cui la natura morbosa di Gabriel Brown si scontra con la lucidità delle altre persone o quando, in preda a feroci attacchi psicotici, vagabonda qua e là per il centro comportandosi in modo del tutto anormale.

Sesso, sangue, soldi - Per confessione stessa dell'autore, il romanzo è incentrato proprio su questi elementi (non a caso). Manierismi, buonismi e perbenismi vengono messi all'angolo e schiacciati come insetti dalla sua scrittura feroce. Le scene di sesso vengono affrontate con lucidità e senza pudore, il sangue scorre a fiumi quando Gabriel Brown massacra le sue vittime. Per quanto riguarda i soldi, invece, ci piacerebbe ricordare una citazione di Matteo Molinari che l'autore stesso ha riportato a inizio libro: "Il sogno americano è fare soldi e riuscirci. Il sogno italiano è nascere con un padre ricco." Gabriel Brown non è affatto un ragazzo povero - dalla vendita dei libri e dalla collaborazione a una rivista letteraria della città ne ricava un guadagno dignitoso - tuttavia la smania di apparire (altro elemento su cui l'autore insiste) lo obbliga a escogitare mille rimedi pur di apparire più facoltoso di quanto in realtà sia - benché non ve ne sia alcun motivo - e a provare una forte invidia per chi, al contrario di lui, proviene da una famiglia benestante. Invidia che spesso sfocia in brutali omicidi.

In conclusione - "Il seduttore" è un romanzo inquietante, grottesco, erotico, provocatorio, sanguigno, sadico, realistico e irrealistico al tempo stesso: Filippo Munaro mette a nudo i desideri e le più estreme pulsioni del genere umano con disarmante semplicità. Leggere "Il seduttore" è una vera esperienza.

Un brano 

"... Sotto sotto è sempre la stessa storia. Ho avuto il coraggio di scavare nell'animo di chi mi sta vicino e non ho visto altro che lande desolate, deserti infuocati e ghiacciai artici. Ho avuto un faccia a faccia con tutto ciò che vi terrorizza, le vostre paure ancestrali, i vostri incubi, e ho scoperto, oltre ogni ragionevole dubbio, che non esiste un'unica, singola ragione per cui dovrei averne timore, giacché sono parte integrante di tutti noi, un nostro prodotto, un'aberrazione. Amore, fede, ideali... ho visto questi miti sgretolarsi e sprofondare nella perdizione e nell'inconsapevolezza. Penso alla vita come a una bottiglia di champagne: pagate la marca, non il contenuto..." 
 
 

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